ESG di emergenza per affrontare Covid 19.

di Francesco Stocco

In un periodo di emergenza, come quello di questi giorni, parlare di sostenibilità può sembrare un lusso, qualcosa di forse eccessivamente estratto, di un obiettivo destinato a essere rinviato a un futuro non precisato.

Uno sguardo più accurato al tema e l’intervento normativo del decreto Cure Italia, danno però un’indicazione nettamente di segno contrario. 

La sostenibilità nonché l’adozione, a tutti i livelli della filiera, di modelli ESG sembra, piuttosto, un rimedio di “pronto soccorso” per la crisi economica che oggi e domani colpirà il paese.

Consideriamo, infatti, le esigenze a cui le imprese, soprattutto la platea di piccole medie imprese poco capitalizzate in Italia, devono far fronte: tipicamente si tratterà a) di un bisogno immediato di liquidità per sopperire al pagamento dei costi fissi (oltre i rimedi della sospensione degli affidamenti e dei mutui bancari, previsti dal Decreto Cura Italia); b) di una rimodulazione dei costi fissi e della forza lavoro adeguata al futuro (e non predicabile) contesto economico; c) della necessità che il sistema stesso non fallisca e che, quindi, fornitori e clienti siamo in grado di continuare a sostenere l’azienda e l’indotto. 

Una risposta di efficacia immediata a queste tre esigenze ci pare possa nascere da un intervento dei lavoratori, dei fornitori e dei clienti (i primi stakeholders) nel capitale delle imprese e nella loro governance: anche nei casi in cui sia previsto un taglio della forza lavoro.

Il modello è abbastanza noto in Italia e vede, in primo luogo, l’intervento dei lavoratori in strutture di workers buy out supportato anche da fondi di natura statale e, in seconda battuta, l’ingresso di fornitori nel capitale mediante la conversione del loro credito in capitale.

In prima battuta, l’immissione di liquidità nell’azienda potrebbe avvenire con il supporto dei lavoratori, nell’ottica di un’alternativa al loro esodo: i lavoratori, costituendo una cooperativa e beneficiando del supporto di fondi destinati, aumentano il capitale dell’azienda acquisendo una posizione nella governance aziendale (Fig. 1).

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Nello stesso tempo, rispetto ad un’ipotesi di insolvenza, i fornitori potrebbero valutare la conversione del proprio credito in capitale migliorando la qualità, perlomeno informativa, del recupero del credito.

Estendendo quest’ultimo discorso all’intera filiera ed eco sistema economico in cui l’impresa opera, si realizza un sistema di supporto e di auto-finanziamento dell’indotto idoneo a prevenire un rischio sistemico di default.

In altre parole: il fallimento di un’impresa determina, in misura più o meno ampia, anche il fallimento delle imprese fornitrici, nonché una contrazione della domanda e, di base, un tema di approvvigionamento per l’impresa cliente.

L’autofinanziamento all’interno del sistema, anche solo temporaneo, consente invece di superare sia la fase shock (che a volte determina l’irreversibilità della crisi) sia la fase di medio periodo di assestamento del mercato.

In una prospettiva maggiormente pubblicistica, il licenziamento della forza genera un costo sociale difficilmente recuperabile e un danno sia per le finanze statali, sia – soprattutto, per i lavoratori licenziati. Di contro, un sacrificio di breve periodo dei lavoratori, consentirebbe di stabilizzare anche il mercato del lavoro garantendo la permanenza, anche in forme diverse, dei lavoratori esodandi.

Si tratta di un modello coraggioso, che richiede una cabina di regia efficiente e veloce, ma che presenta, rispetto a molti altri strumenti, una grande agilità di strutturazione, nonché tempi e costi molto contenuti per la sua attuazione.

Il modello, infine, se mostra la sua audacia nelle realtà con volumi di fatturato significativi (sopra i 70 milioni di fatturato), è più facilmente predicabile in piccole imprese a vocazione familiare: ossa, in quello che costituisce il tessuto italiano.

I valori del coinvolgimento sociale dell’impresa (S, di ESG) e di una nuova governance (G, di ESG) sono oggi le risposte più immediate che si possono dare alla crisi, anticipando e non rinviando sine die il problema della sostenibilità delle imprese.

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